Politica, la lezione di Polibio

Politica, la lezione di Polibio (di Achille Lucio Gaspari)

A poco più di 24 ore dall’inizio delle votazioni per eleggere i presidenti del Senato e della Camera la situazione politica si presenta confusa. Gli accordi che porteranno alla elezione dei due presidenti avranno inevitabilmente influenza anche sulle strategie messe in campo per la formazione del nuovo governo. Difficile pensare che Gentiloni possa andare avanti se non per un limitatissimo lasso di tempo.
Chi sta meglio di tutti è Di Maio che può formare un governo con l’appoggio del PD, o con l’appoggio della Lega, o restare all’opposizione, cosa che non lo spaventa.

PD e Berlusconi, nel guado

Il PD è nel guado tra opposizione, sostegno ai 5 stelle o, ma è molto improbabile, appoggio anche mediante astensione al Centro Destra. Salvini è in difficoltà essendo incerto tra l’accordarsi con Di Maio o mantenere unito il Centro Destra. Berlusconi non ha nessuna intenzione di farsi da parte e teme nuove elezioni più della morte al punto da inseguire Salvini in un accordo con il Movimento 5 stelle e non è chiaro se per stare al gioco del potere o per far saltare tutto
Un governo con tutti dentro allora? Dalle dichiarazioni di alcuni leaders sembrerebbe una soluzione non praticabile. Torneremo allora temporaneamente ad un governo tecnico come accadde con il governo Monti?

Politici e tecnici, due visioni 

Una riflessione sul ruolo dei tecnici al governo va dunque fatta.
Un politico della prima repubblica dall’alto della sua esperienza governativa giudicava la prova data dai ministri tecnici, ce ne stava qualcuno anche allora, assolutamente negativa. Il tecnico è concentrato solo sulla soluzione tecnica dei problemi del suo ministero e trascura del tutto l’interpretazione del presente, la visione del futuro e non ha la capacità di fare le scelte fondamentali che devono guidare l’azione politica. Un generale ministro della difesa, si preoccuperà, di avere uno strumento militare al massimo della efficienza e quindi pretenderà di avere a disposizione il budget necessario per raggiungere il suo proposito. Un politico invece analizzerebbe in stretta collaborazione con il Primo Ministro e con il Ministro degli Affari Esteri la situazione internazionale dell’Italia, le possibili evoluzioni future, gli obiettivi primari; sarebbe quindi valutato in questo quadro quale ruolo dovrebbe giocare realisticamente la forza militare. Solo a questo punto interverrebbe il tecnico per approntare lo strumento che la situazione politica richiede. Un risultato non diverso si avrebbe con ministri tecnici in altri ministeri. Quando poi il governo è tutto tecnico, ad iniziare dal Presidente del Consiglio, le cose possono andare anche peggio. Sorge allora spontanea la domanda di come mai così spesso ministri tecnici o governi tecnici vengono varati.

Attenti all’inesperienza

La mia opinione è che ciò accade perché assai spesso i politici chiamati a gestire la cosa pubblica sono privi di esperienza. Nella scorsa legislatura i Presidenti di Camera e Senato hanno assunto le loro prestigiose cariche appena entrati a far parte per la prima volta delle loro assemblee, molti ministri non avevano ricoperto precedentemente il ruolo di sottosegretario e il Presidente del Consiglio, privo di qualsiasi esperienza di governo, non era neppure un parlamentare. L’opinione pubblica ritiene che neofita per neofita è meglio qualcuno che almeno sia un esperto in settori ben definiti. Questa situazione non è certo circoscritta all’Italia. Il Presidente Trump che viaggia con una valigetta in cui sono conservati i codici per disporre un attacco nucleare, non è stato precedentemente né il Governatore di uno Stato e neanche Senatore.

La lezione di Polibio

Polibio, lo storico greco, che scrisse una memorabile storia romana dal 264 al 146 A. C:. si domandava come avessero fatto i Romani  a ottenere il dominio di tutto il mediterraneo in meno di 120 anni e spiegava questo risultato con il tipo di costituzione della Repubblica Romana. Tralasciando qui di discettare sulla struttura costituzionale della Repubblica, mi interessa sottolineare un solo aspetto, quello del cursus honorum. Le magistrature erano elettive, ma non era consentito di presentarsi alla elezione al Consolato, la massima magistratura esecutiva e militare senza aver ricoperto per elezione una serie di magistrature che fornivano al candidato conoscenza di materie militari, amministrative, economiche, e giuridiche. Chi desiderava intraprendere  la carriera politica ,sin da giovinetto  si dedicava a studi che potremmo oggi definire di Scienze Politiche. Molti politici provenivano dai ranghi delle più nobili famiglie romane, ma l’avventura politica non era preclusa ai provinciali, uomini nuovi come Caio Mario e Marco Tullio Cicerone.
Strano che questa meticolosa preparazione culturale richiesta alla élite politica di oltre duemila anni fa , non sia più richiesta ai nostri governati che potrebbero con un conflitto nucleare cancellare la vita dalla faccia della terra.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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