Sale operatorie sicure, la qualità è nel volume degli interventi dei chirurghi

 Sale operatorie sicure, la qualità è nel volume degli interventi dei chirurghi.

L’articolo de La Stampa (in allegato ndr) sugli ospedali italiani richiede alcune precisazioni per quanto riguarda le attività delle camere operatorie. Che il volume delle prestazioni sia correlato alla qualità degli esiti è cosa nota da molto tempo. A venticinque anni fa risale la prima ricerca sul tema, pubblicata sulla rivista dell’Associazione dei Chirurghi americani (ACS) . Il tema era l’esito di interventi sull’esofago, sullo stomaco, sul fegato, sul pancreas e sul colon-retto nei 54 ospedali dello stato del Maryland. Il risultato fu che a un maggior volume di prestazioni corrispondeva una morbilità e mortalità più favorevole. Fu anche stabilito il numero minimo di prestazioni annue al disotto delle quali si entra nella fascia dei risultati di qualità non accettabile. Dato interessante fu che ottiene risultati migliori un chirurgo con poca esperienza personale che opera in un reparto ad alto volume rispetto a un chirurgo con grande esperienza che opera in un reparto a basso volume. Molti altri studi hanno confermato questi primi dati e hanno anche stabilito l’entità della curva di apprendimento, ciò è del numero di prestazioni che un chirurgo deve eseguire per raggiungere la padronanza della tecnica di un determinato tipo di intervento chirurgico. In molte nazioni, sia pure con modalità diverse è stabilito quali caratteristiche prestazionali deve avere un reparto chirurgico prima di avere l’autorizzazione ad eseguire determinate tipologie di interventi, e quanti interventi di un certo tipo sotto tutoraggio di un centro esperto deve eseguire un singolo professionista prima che gli sia consentito di operare autonomamente; aspetto questo di particolare importanza nei confronti di nuove tecniche (chirurgia mimi invasiva, ricerca del linfonodo sentinella ecc.).

Il nostro Ministero della Salute e le singole regioni stanno affrontando queste problematiche con molto ritardo. Ma proprio perché si arriva dopo si potrebbe fare di più. Per la valutazione degli esiti si calcola la mortalità e la morbilità a trenta giorni. Questo non dà sufficienti elementi per la valutazione della chirurgia oncologica; miglior parametro è la valutazione della sopravvivenza libera da malattia a cinque anni. Ma alcuni dati si potrebbero ottenere più velocemente. A esempio andando a valutare il numero di linfonodi asportati in una gastrectomia o in una colectomia eseguita per cancro in uno stadio non precocissimo. Questo numero che si conosce bene per ogni tipo di intervento che richiede una linfectomia, ci indica la qualità dell’operatore e anche del servizio di Anatomia Patologica di cui si serve. Un problema delicato è quello del numero di interventi eseguito annualmente da ogni singolo operatore. Stabilito quanti interventi sono necessari per completare la curva di apprendimento dovremo stabilire anche un numero minino (piuttosto elevato) di interventi eseguiti ogni anno per mantenere l’accreditamento? Su questo si è già pronunciata la provincia di Bolzano ma io ritengo che la chirurgia non è come lo sport del nuoto. Un atleta per conservare i suoi tempi migliori deve nuotare un determinato numero di vasche alla settimana, ma per un chirurgo che ha eseguito, ad esempio, un migliaio di tiroidectomie totali non è necessario continuarne ad eseguirne un gran numero ogni anno per “mantenere la mano”. Un problema molto delicato è l’accesso ai dati di morbilità e mortalità per una data prestazione dei singoli reparti e dei singoli professionisti. Un cliente (paziente) ha sul piano morale il diritto di conoscere questi dati prima di fare una scelta, ma ciò potrebbe ingenerare un pericoloso meccanismo che io stesso ho verificato esistere nello stato di New York dove in un certo periodo era possibile comprare nelle edicole dei giornali i dati di mortalità dei singoli cardiochirurghi. Questo ha comportato che molti di loro rifiutavano di operare i casi a maggior rischio per non peggiorare la propria casistica personale. A questa situazione ci sono però due soluzioni; o severe misure di accreditamento dei reparti e dei singoli professionisti mantenendo riservati i dati sensibili, o introdurre coefficienti di correzione della mortalità in modo da non penalizzare chi affronta i casi più difficili.

 

Achille Lucio Gaspari MD, FACS past Governor

In allegato:

Protesi e tumori, in una sala operatoria su tre si rischia la vita per inesperienza dei medici. da https://www.lastampa.it/2017/12/19/italia/cronache/in-una-sala-operatoria-su-tre-si-rischia-la-vita-per-inesperienza-dei-medici-eVjuprTprRAGjCbQemtfgI/pagina.html

 

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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